Jonathan Safran Foer, da piccolo, trascorreva il sabato e la domenica con sua nonna. Quando arrivava, lei lo sollevava per aria stringendolo in un forte abbraccio, e lo stesso faceva quando andava via. Ma non era solo affetto, il suo: dietro c’era la preoccupazione costante di sapere che il nipote avesse mangiato a sufficienza. La preoccupazione di chi è quasi morto di fame durante la guerra, ma è stato capace di rifiutare della carne di maiale che l’avrebbe tenuto in vita, perché non era cibo kosher, perché «se niente importa, non c’è niente da salvare». Il cibo per lei non è solo cibo, è «terrore, dignità, gratitudine, vendetta, gioia, umiliazione, religione, storia e, ovviamente, amore».
Una volta diventato padre, Foer ripensa a questo insegnamento e inizia a interrogarsi su cosa sia la carne, perché nutrire suo figlio non è come nutrire se stesso, è più importante. Questo libro è il frutto di un’indagine durata quasi tre anni che l’ha portato negli allevamenti intensivi, visitati anche nel cuore della notte, che l’ha spinto a raccontare le violenze sugli animali e i venefici trattamenti a base di farmaci che devono subire, a descrivere come vengono uccisi per diventare il nostro cibo quotidiano.
titolo: Se niente importa - Perché mangiamo gli animali?
autore: Jonathan Safran Foer,
editore: Guanda
anno: 2010
pagine: 368
prezzo: 18,00 €
note: Traduzione di Irene Abigail Piccinini
Questo libro è uscito ormai da un anno e ne ho già sentito parlare molto, ho così deciso di acquistarlo e sono rimasto molto soddisfatto. Si legge molto bene, si apprezza la scrittura scorrevole e gradevole dell'autore che fornisce dati molto precisi (le note in fondo al libro sono tante, precise, indicano una vasta bibliografia e molte fonti). Con un linguaggio diretto e a volte paradossale (fa riflettere il paragrafo in difesa della cinofagia; o, quantomeno, dovrebbe far riflettere coloro che mangiano animali) affronta vari argomenti (perché mangiamo animali, gli allevamenti intensivi, la pesca industriale) senza gli eccessi estremistici che a volte si notano tra gli attivisti più infervorati ma senza fare sconti alla ipocrisia di chi non vuole conoscere o fa finta di non conoscere la realtà.
Nel video, un servizio sull'autore e sul libro con una parte di intervista.
Una volta diventato padre, Foer ripensa a questo insegnamento e inizia a interrogarsi su cosa sia la carne, perché nutrire suo figlio non è come nutrire se stesso, è più importante. Questo libro è il frutto di un’indagine durata quasi tre anni che l’ha portato negli allevamenti intensivi, visitati anche nel cuore della notte, che l’ha spinto a raccontare le violenze sugli animali e i venefici trattamenti a base di farmaci che devono subire, a descrivere come vengono uccisi per diventare il nostro cibo quotidiano.
titolo: Se niente importa - Perché mangiamo gli animali?
autore: Jonathan Safran Foer,
editore: Guanda
anno: 2010
pagine: 368
prezzo: 18,00 €
note: Traduzione di Irene Abigail Piccinini
Questo libro è uscito ormai da un anno e ne ho già sentito parlare molto, ho così deciso di acquistarlo e sono rimasto molto soddisfatto. Si legge molto bene, si apprezza la scrittura scorrevole e gradevole dell'autore che fornisce dati molto precisi (le note in fondo al libro sono tante, precise, indicano una vasta bibliografia e molte fonti). Con un linguaggio diretto e a volte paradossale (fa riflettere il paragrafo in difesa della cinofagia; o, quantomeno, dovrebbe far riflettere coloro che mangiano animali) affronta vari argomenti (perché mangiamo animali, gli allevamenti intensivi, la pesca industriale) senza gli eccessi estremistici che a volte si notano tra gli attivisti più infervorati ma senza fare sconti alla ipocrisia di chi non vuole conoscere o fa finta di non conoscere la realtà.
Nel video, un servizio sull'autore e sul libro con una parte di intervista.
non sono riuscita a trovarlo in libreria,ma sono riuscita a leggerne alcune pagine in pdf.
RispondiEliminaè un bellissimo libro,credo proprio che dovrò ordinarlo.
@ Luby: penso che in molte librerie lo abbiano ancora, nel mio, comprato pochi giorni fa, c'è la fascetta con scritto "tre edizioni in due settimane"; sennò puoi ordinarlo, ne vale davvero la pena.
RispondiEliminaHo aggiunto anche il video, è interessante; anche l'autore afferma che non vuol convincere la gente a diventare vegetariana ma solo ad essere più informata.
ciao Francy come stai????? sai che questo libro volevo proprio leggerlo? senti, non odiarmi, ma devo "premiare" 12 blogger e.....tu sei uno di quelli! ho spiegato tutto di là^_^
RispondiElimina@ Francy: ciao! Io sto bene, e tu?
RispondiEliminaChe piacere sentirti! E grazie infinite per il premio. Prometto che lo pubblico (con i ringraziamenti ufficiali), ci vorrà qualche giorno, settimana prossima sono a Roma a dare alcuni esami.
Il libro? Prendilo, non te ne pentirai.
:) sìsì, oggi quasi quasi esco e me lo compro. la curiosità aumenta! nico
RispondiEliminaps: ieri ti ho scritto un commento ma mi sa che non l'ho pubblicato :(
RispondiEliminaFede ed io siamo tornati genovesi dopo l'avventurosa parentesi palermitana: un'esperienza davvero forte, ma bella.
Questo libro me lo hanno consigliato in molti, onnivori inclusi, così la curiosità è salita.
Un nostro amico è stato alla presentazione del libro ed è rimansto molto colpito dall'autore.
Appena riesco me le compro :)
Detto ciò, speriamo che stiate bene e che il nuovo anno sia cominciato portando amore e gioia :)
Speriamo di rivedervi presto, un sorriso Fede e Nico.
@ Nicole: che bello risentirvi! Spero che riusciremo a vederci presto.
RispondiEliminaP.S. il tuo commento era finito qui, non chiedermi il perché, non lo so. :)
"... senza gli eccessi estremistici che a volte si notano tra gli attivisti più infervorati ma senza fare sconti alla ipocrisia di chi non vuole conoscere o fa finta di non conoscere la realtà... "
RispondiEliminaTi lascio un commento un po' polemico anche questa volta: è vero che certi modi per convincere la gente a smettere di mangiare gli animali sono preferibili ad altri, però io sinceramente sarei stanca di sentire parlare di "estremismo" quando si parla di lotta contro lo sfruttamento animale.
Quando si argomenta su questioni talmente rilevanti come il decidere della vita o della morte di un essere vivente non ci possono essere "vie di mezzo" perché sarebbe un'ipocrisia enorme (un po' come quella di chi parla di "macellazione etica" o di "vivisezione etica"); non si può che decidere se stare da una parte o dall'altra, non si può stare in mezzo, concedere o vedere concessioni là dove si ha a che fare con la sofferenza di creature innocenti.
Nessun animalista è davvero estremista in questo senso! O meglio, se lo è, lo è nella misura in cui considera un valore assoluto la lotta che sta conducendo.
Avresti considerato estremisti i partigiani?
Poi, che per modificare le abitudini culturali sia meglio un approccio più volto a mettere in rilievo i pregi, ad esempio, della cucina vegetariana e delle tante alternative allo sfruttamento animale, anziché far passare il tutto per una rinuncia o per un'imposizione, sono d'accordo, ma per favore smettiamola di accostare la parola "estremismo" a quella di animalismo.
Io non mi sento estremista ma di sicuro mi sono stancata di giustificare chi ha gli strumenti per conoscere l'orrore che si cela dietro lo sfruttamento animale ma si volta dall'altra parte; ovviamente non mi riferisco a te o a qualcuno in particolare, però ti prego, secondo il discorso che ho fatto sopra, renditi conto che l'estremismo semmai è quello di coloro che continuano ad uccidere gli animali e non quello di coloro che vogliono difendere i loro diritti.
Non me ne volere - anche perché apprezzo molto il tuo blog, altrimenti non ci avrei speso tempo - ne parlo ai fini di una discussione creativa e non certo per tirarti le orecchie come gesto fine a se stesso.
@ Biancaneve: mi piacciono sempre molto i tuoi commenti e mi fanno riflettere.
RispondiEliminaIo dico sempre: "si prendono più mosche con una goccia di miele che con un barile di aceto" (lo dico così spesso che forse l'ho messo come risposta anche ad altri tuoi commenti).
Non basta essere animalisti per essere senza difetti e, anche tra gli animalisti ci sono gli estremisti come tra i partigiani c'era qualcuno che non si comportava proprio in modo specchiato.
Però, gli errori della singola persona non modificano (almeno secondo me) la validità dei principi di un gruppo.
"si prendono più mosche con una goccia di miele che con un barile di aceto"
RispondiEliminaLo so, l'avevi detto anche l'altra volta ;-)
Ci sono sicuramente animalisti non perfetti (ma chi di noi lo è, specialmente riguardo una questione così complessa?) ma io non mi riferivo tanto al comportamento dei singoli quanto proprio alla parola estremismo che troppo spesso viene associata al movimento animalista, come se noi ci battessimo per un qualcosa di assurdo e non di eticamente motivato e basato su constatazioni oggettive di sfruttamento.
Spesso sento dire: "va bene amare gli animali, sì, ma arrivare a pensare che possano avere dei diritti o che non debbano essere usati dall'uomo come si è sempre fatto è un'esagerazione", ecco, ci sono troppe persone che ci associano ad una battaglia estremista, assurda, illogica ed irrazionale e per questo dicevo che vorrei che si usasse sempre meno il termine "estremismo" associato a noi.
Poi certamente anche tra gli animalisti ci sono persone che si comportano in maniera che nemmeno io condivido: ad esempio io non augurerei mai la morte ad un cacciatori come fanno alcuni, e questo perché rispetto ogni forma di vita; ad un cacciatore augurerei piuttosto che si possa redimere, che non possa perdere l'occasione per evolversi come persona.
Grazie per essere passato a farmi visita sul blog :-)