giovedì 31 dicembre 2009

Insalata cavolfiore e melagrana


Con questo piatto auguro a tutti un 2010 ricco di prosperità.

Ingredienti:
  • cavolfiore
  • melagrana
  • cetriolini sottaceto
  • noci
  • olio evo
  • sale
  • aceto balsamico
Tempo di preparazione: 20 minuti

Difficoltà: *

Preparazione: pulite lavate e lessate il cavolfiore. sgranate la melagrana; affettate i cetriolini sottaceto; sgusciate le noci.
Mescolate tutto e condite con olio evo, sale e aceto balsamico.



Note: dosi libere, secondo i gusti del momento. Le melagrane stanno per finire (almeno quelle che vengono dalla mia pianta) anche se, dopo colte, si conservano abbastanza a lungo. Ho voluto comunque mettere una ricetta con la melagrana per il suo significato ben augurale.
Visto il suo significato, penso che sia un piatto adatto per il cenone di capodanno; infatti, fin dall'antichità alla melagrana venne attributo il significato ben augurale di fecondità e di ricchezza.
Le spose dell'antica Roma ornavano i loro capelli con i rami della pianta come segno di fecondità e di prosperità.
In Turchia, durante la celebrazione dei riti sponsali, la melagrana è lanciata a terra dalla sposa perché si crede che avrà tanti figli quanti sono i chicchi che fuoriescono dal frutto spaccato.
In Dalmazia la tradizione esige che lo sposo pianti un albero di melograno, preso dal giardino del suocero, nel suo giardino.
Per la tradizione indiana il succo della melagrana combatte la sterilità.
Per i Cristiani la melagrana aperta era il simbolo dell'amore infinito di Gesù.
Anche nell'antico Testamento la melagrana è sinonimo di fecondità e di abbondanza nonché della Benedizione divina, ricamata sulla veste per le funzioni sacre di Aronne (fratello maggiore di Mosé che seguì nel deserto e sul Sinai) e scolpita sui capitelli della reggia del re di Israele Salomone.

La maggior parte di queste curiosità sulla melagrana le ho tratte dal sito della società "Sardegna in campo".

lunedì 28 dicembre 2009

Il calendario di Veganblog


Sul sito lulu.com è possibile vedere e acquistare il calendario del 2010 di Veganblog, il blog di cucina vegana con oltre 200 chef e con più di 4.000 ricette nel quale pubblico anch'io qualche mia ricetta.
Il calendario è molto bello, e contiene, per i dodici mesi dell'anno, le foto di altrettante ricette di noi cuochi veg.
Questo è il link:
http://www.lulu.com/product/calendario/calendario-veganblog-2010/6148440.
Nel calendario sono presenti anche le foto di due mie ricette; sono gli arrosticini di seitan e spiedini misti ad agosto e la torta al cioccolato a dicembre.
Penso che sia un'ottima idea per fare (e per farsi) un regalo bello e utile.

martedì 22 dicembre 2009

Pandolce genovese vegan



Il Natale è alle porte e questo è il mio modo di augurare a tutti i miei lettori e a tutti quelli che passano di qui (anche per caso) un felice Natale.

Ingredienti:
  • 2 kg. di farina 00
  • 100 gr. di lievito di birra
  • 500 gr. di zucchero
  • 400 gr. di margarina
  • 400 gr. di uva sultanina
  • 400 gr. di pinoli
  • 400 gr. di cedro candito
  • 1 cucchiaio di acqua di fiori d'arancio
  • 1 bicchierino di marsala (facoltativo)
  • 1 pizzico di sale
Tempo di preparazione: circa 22 ore

Difficoltà: **


Preparazione: sciogliete il lievito in poca acqua a temperatura ambiente; disponete 200 gr. di farina a fontana e versatevi il lievito che avete sciolto in acqua; impastate energicamente e formate un panetto che coprirete con un panno e lascerete riposare almeno 12 ore (si, proprio 12 ore!) in un luogo tiepido (non freddo ma neanche troppo caldo) avvolto in una coperta.
Dopo questa prima lievitazione incorporate il resto della farina, aggiungete la margarina ammorbidita a bagnomaria, l'uva sultanina (precedentemente tenuta a mollo nell'acqua tiepida, scolata e asciugata grossolanamente), il cedro candito (tagliato a cubetti) e tutti gli altri ingredienti. Lavorate energicamente l'impasto fino a quando non sarà liscio e omogeneo aggiungendo acqua q.b. per farlo amalgamare. Suddividete l'impasto nelle varie pagnotte e lasciatele lievitare ancora per circa 8 ore in una stanza calda (in casa, con il riscaldamento in funzione, per intenderci; ma non a diretto contato con fonti di calore) coperte con carta forno, una salvietta e avvolte in una coperta per mantenere la temperatura ed evitare che siano esposte a correnti d'aria.
A questo punto, ultimata anche la seconda lievitazione, praticate nel mezzo delle pagnotte tre tagli a forma di triangolo e cuocete i pandolci in forno a 160° per circa un'ora e comunque fino a quando non saranno cotti (la prova dello stecchino, anche in questo caso, sarà d'aiuto: saranno cotti quando uno stecchino, infilato nel dolce, ne uscirà pulito).



Note: le dosi sono per sette pandolci. Si possono anche dimezzare le dosi, però, una volta che si intraprende un'impresa del genere, tanto vale farne tanti, vi assicuro che finiranno molto presto (se poi, li utilizzate per fare i regali di Natale, finiranno ancora prima!).



L'acqua nella quale si scioglie il lievito non deve essere troppo calda altrimenti i microorganismi responsabili della lievitazione, essendo termosensibili, muoiono e si ottiene un risultato peggiore (se non proprio disastroso).
Questo dolce, richiedendo tempi di lievitazione così lunghi va "programmato" per tempo. La prima lievitazione può essere fatta alla sera così da poter fare la seconda al mattino e cuocere il pandolce nel pomeriggio.
Ho visto anche ricette con lievitazioni molto più corte (solo una lievitazione da 4 ore) o, addirittura, con l'utilizzo del lievito chimico e senza lievitazione (mezz'ora di riposo e poi in forno); senza nulla togliere a queste ricette, io ho voluto provare quella che penso sia la migliore e quella classica. Nel periodo in cui è nato questo dolce non c'era la frenesia dei nostri giorni e le lievitazioni lunghe (spesso utilizzando la pasta madre) erano la normalità. La lunga lievitazione, poi, consente di utilizzare meno lievito (che in questa ricetta è comunque tanto) e di rendere maggiormente digeribile il pandolce.
Questa ricetta l'ho veganizzata semplicemente sostituendo il burro con la margarina.
Cercando la ricetta del pandolce nei vari ricettari che posseggo e su internet ho trovato le versioni più disparate, con ingredienti anche molto dissimili tra loro; non sono quindi riuscito a risalire alla ricetta veramente "tradizionale" e ho preparato questa versione che mi sembra quella più vicina al pandolce che, anni orsono, mio zio di Genova (che ora purtroppo non c'è più) comprava da un forno vicino a casa sua e mi portava per le feste natalizie.
Non me ne vorranno i genovesi per questa mia re-interpretazione del loro dolce tipico ma, anzi, se mi scrivono la ricetta originale, sarò felicissimo di provarla.

Il pandolce è un monumento della cucina genovese; nel sito della Regione Liguria "Agriligurianet" ho trovato queste interessanti notizie su questo dolce tradizionale.
Per antonomasia il dolce tipico del Natale a Genova, dall'aspetto ruvido ma dal contenuto sostanzioso come il carattere dei Liguri.
È antichissima la tradizione di arricchire il pane con lo zibibbo, infatti è archeologicamente provato che fosse già noto presso gli Egizi. Gli ingredienti fanno presupporre innegabili origini nel mondo arabo e i mercanti genovesi devono averlo conosciuto durante i loro viaggi e portato a casa dove, nei secoli, fu variato ed arricchito.
C'era un tempo quando sarebbe sembrato blasfemo non cucinare in casa il pandolce per il giorno del Natale, in cui ogni massaia conservava gelosamente la sua ricetta più o meno segreta ma in tutte spiccava la notevole abbondanza di ingredienti ricercati e preziosi. La preparazione di questo dolce era frutto di cura ed amore e c'era addirittura chi, per garantire un'ottima lievitazione, lo portasse a letto e lo ponesse accanto, all'ormai dimenticato "praeve" attrezzo necessario per sollevare le lenzuola attorno allo scaldino.
Un rito accompagnava l'arrivo del pandolce alla fine del desco natalizio come ultimo coronamento di un pranzo speciale. Era il più giovane della famiglia a portarlo in tavola adorno di un rametto di alloro ed era il più anziano a tagliarlo. Una fetta veniva tenuta per i poveri ed una gelosamente conservata per il giorno di San Biagio da sbocconcellare per proteggersi la gola.
La colonna sonora utilizzata per la preparazione di questo dolce era composta da brani natalizi interpretati da Bing Crosby; questo mi ha fatto entrare ancora di più nell'atmosfera natalizia. Se a questo aggiungiamo poi che, dove vivo, è venuta una nevicata che è stata definita la più copiose dell'ultimo quarto di secolo, non si poteva avere un'atmosfera più natalizia di questa (senza badare alla città completamente bloccata per un evento che, qui sul mare, non è poi così frequente).